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farfalla

giovedì 28 novembre 2013

Noi siamo materia

Certe volte ho come l’impressione di non aver compreso come avrei dovuto gli scritti di Asimov.
Ricordo che molto tempo fa decisi di cominciare a leggere le sue opere, per una frase che lui disse a riguardo del mitico astronauta Neil Armstrong, con tutto il rispetto non altrettanto fantastico, quando risponde ad un’intervista di Oriana Fallaci qualcosa d’insolito per un astronauta.

Non la scriverò per intero, però sul sito di Oriana c’è proprio tutta, insomma per semplificare cito solo una frase, Armstrong dice a Oriana: “Sgombriamo il campo dalle fanfare su questa luna”

Sapere è Potere

Le pietre ci parlano eppure noi non riusciamo a sentirle.
Tra le  vestigia ciclopiche rimaste, di un passato lontano migliaia di anni, i suoni sono assordanti. Esse sono l'unico ricordo che ci rimane, di una grande civiltà mondiale, ma giacciono abbandonate in mare e in terra, in balìa del tempo e dell'uomo che inesorabilmente le trasformerà.
Siamo a conoscenza di popoli antichi che con i loro semplici mezzi conoscevano lo spazio meglio di noi, eppure tutto questo ci appare assodato, come se quella fosse la normalità, come se così doveva essere.

mercoledì 27 novembre 2013

I due

Roscio detto il fiero, se ne stava ciondoloni sul muretto e la coda oggetto a se stante, si muoveva sinuosa al ritmo di una lenta melodia immaginaria. Tutt’altro le orecchie, che invece si erano allertate rilevando un certo interesse per qualcosa o qualcuno che da lì a poco sarebbe apparso alla sua vista.

martedì 26 novembre 2013

Lì sotto




Oggi è una di quelle giornate a cui dare sfogo alla mia insana (si fa per dire) voglia di fantascienza.
Le chiamo le allucinazioni di una piccola formichina che crede di sapere e non sa.
Esse sono state incamerate nel corso della vita e ogni tanto fanno capolino. Appaiono soprattutto quando voglio sfuggire a questa vita piena di incomprensioni, cominciando proprio con me per finire poi col nulla di fatto, tanto è tutto inutile.
Nel mare di fantasie utopistiche della mia mente, esiste un luogo. Non è proprio un luogo è un mondo, un altro mondo, che sta proprio accanto a noi.
Ma vorrei chiarire il mio pensiero con una similitudine e per fare questo, faccio una domanda: E se tutti noi domani ci trovassimo in un mondo all’incontrario?
Quel posto contrapposto a cui penso molto spesso, non si può visualizzare, quindi non lo vedremo mai in un film, a meno che lo sceneggiatore, non sia un maniaco del fantastico come me, ma anche se lo fosse, non potrebbe lo stesso.
Prima di tutto mancherebbero i dialoghi e un film senza dialoghi non se ne parla proprio, ma pur nell’eventualità l’unico film che riuscirebbe a produrre potrebbe assomigliare al limite ad uno sparatutto della serie di quei giochi FPS, salta spara nasconditi, esci spara, corri, spara, ricarica, sei morto! Attendi il respawn. Quello si che oggi avrebbe molto successo, peccato che nella mia storia al contrario, potrebbe esserci ben altro.
Accidenti, come sempre cambio argomento.
Tornando al mondo che ho in mente, esso si troverebbe nelle profondità del mare.
Un essere intelligente che assomiglia a noi e vive in fondo al mare, perchè no? Io me lo immagino proprio lì sotto, dove ci sono profondità di svariati chilometri che si procura il cibo in maniera intelligente, mette su famiglia, si cura degli altri costruisce la propria dimora, si difende dai pericoli e ama. Insomma ci potrebbe stare tranquillamente, invece di vivere in aria si vive in acqua qual’è il problema le branchie?
Proviamo ad immaginarci, non ci sarebbe bisogno di occhi visto che con il buio pesto che c’è lì sotto sarebbero inutili, di conseguenza avremmo sviluppato sensori potentissimi. Mettiamo poi che per arrivare ad avere quella capacità, la nostra fase evolutiva sia stata come la conosciamo oggi e, come dice Darwin; sulla terra da scimmia a homo sapiens, e nel mare da cozza o vongola a piscis sapiens, qui lo scetticismo ci sta in tutti e due i casi, ma facciamo che è andata così.
I nostri sensori compenserebbero la vista e la voce, quindi di primo acchito non giudicheremo con gli occhi, nè avremmo la bruttissima sensazione, che capita molto spesso sulla terra, di incontrare qualcuno che farebbe molto meglio a stare zitto. Già due punti a favore per il mondo marino.
Svolgeremmo le attività normalmente, come comunicare riconoscere e così via, solo con i sensori. Incontreremo l’amore della vita, attraverso delle onde sintonizzate, tipo potenziometro, alla frequenza giusta. Non perderemo naturalmente il tatto, e cioè il momento dell’amplesso e delle carezze, non si rinuncerà a nulla, anzi. Ecco un altro punto a favore del mondo marino, se si pensa che potrebbe bastare un canale giusto, tanto per stare in tema, per unire due corpi senza trovare sorprese, solo una questione di onde.
Però ora che ci penso, si potrà litigare solo con i sensori? Nel senso, potremo litigare e dare battaglia? Ce la faremo anche sotto il mare a far valere le nostre ragioni con la violenza? Ci accaniremo anche lì, per un dio, quello più buono, no quello mio è più bello, no il mio è quello vero, no il mio è il più antico, no il mio dio è quello giusto, ed è lui che detta legge? E ucciderci così, come tanti zombie?
Come direbbe un mio caro conoscente, questa è fantascienza da “strada.”




lunedì 25 novembre 2013

Una notte (parte 2)



Così tremavo, già non mi era mai capitato di tremare dalla paura e se lo chiedi in giro, ci pensano un attimo e ti dicono che è solo un modo di dire, che al limite puoi tremare di freddo.
Ebbene io stavo proprio tremando di paura, accidenti a me e accidenti anche a l’extraterrestre, che se mi avesse avvertito prima, mi sarei anche potuto preparare, ma che, sarei morto prima che venisse a prendermi.

sabato 23 novembre 2013

Una notte (parte 1)

Era tanto tempo che ci pensavo, forse da quando avevo imparato a leggere. Fare un viaggio nel tempo, alla ricerca delle verità perdute, quelle che avrebbero potuto cambiare il corso della nostra realtà attuale. 
Se la storia, come si dice da sempre, la scrivevano i vincitori, allora io avrei voluto scrivere quella dei vinti. Una specie di sogno irrealizzabile, in fondo tutti noi ne abbiamo uno, e a volte anche più di uno. 

martedì 19 novembre 2013

La strada

La casa dove abito è abbarbicata su di una collinetta alla periferia di Roma e ci si arriva dall’arteria principale, una delle tante strade di epoca romana che dal centro ti porta fino al mare.
Quando ero piccola, a volte capitava che mio fratello prendesse l’Ape cinquanta di famiglia, caricandoci sopra me insieme ad una festante
combriccola di ragazzini di tutte le età, chi con il costume e chi in mutande. Così appesi ai tubolari del veicolo si gridava come forsennati per tutto il viaggio la canzone di Gabriella Ferri “Tutti ar mare, tutti ar mare, a mostrà le chiappe chiare!” mentre arrivava scoppiettando indomita, sulle foci del Tevere.
Oggi se dovesse capitare una cosa simile l'unica cosa che ti verrebbe in mente da dire è: “Guarda quelli sono zingari” e potresti pensare anche che un bel colera potrebbe pigliarli come niente fosse, ma questa è un’altra storia.
Tornando a dove abito, se sei sulla strada principale e ti sei immesso in una stradina senza uscita quasi invisibile e ti capita di alzare lo sguardo, ad appena cento metri più avanti ecco apparirti davanti una casa a ringhiera di tre piani dall’aspetto elegante, beh ecco quella è casa mia.
Quando dico invisibile intendo un problema, perchè anche se sei un assiduo frequentatore del posto e il tuo obbiettivo è la stradina senza uscita e magari hai pure fretta e stai viaggiando sulla principale alla bellezza di "cinquanta" chilometri all’ora, rischi di prendere quella prima, oppure di saltarla e passare a quella successiva.
Se poi sei concentrato, cosa che devi fare assolutamente quando sei in macchina, e vai a passo d’uomo per non perderla di vista, rischi lo stesso, poichè metti a repentaglio la tua reputazione di donnina perbene, prendendoti una montagna di insulti dagli automobilisti che quella strada, la principale, la percorrono tutti i giorni a centoventi chilometri orari e quindi hanno tutto il diritto di farlo (ma manco per sogno).
A Roma non è una novità trovare strade piene di buche condite con voragini e breccole, si dice che le ditte appaltatrici che le asfaltano, si assicurino ogni volta il lavoro per l’anno dopo, immettendo ad ogni passaggio strati scadenti di asfalto, il cosiddetto “grezzo” che a noi romani ormai non ci fa più nè caldo nè freddo e tiriamo a campare.
Però questo non è nemmeno il caso della stradina invisibile, che ha si, le solite buche di qualche metro di diametro e profondità di oltre trenta centimetri sotto il livello del mare, ma anche la sfortuna di avere i proprietari delle case confinanti, che litigano con chi deve, chi no, quanto e come, pagare per il lavoro di rifacimento senza concludere un bel niente, quindi ogni anno dopo l’inverno, le buche aumentano di larghezza e di profondità.
Dunque ritornando alla stradina, se sei concentrato e riesci a svoltare in tempo, pensi che stavolta ce l’hai fatta e hai quell’attimo di euforia ottimistica che ti passa, appena ti trovi davanti una sfilza di macchine posteggiate lungo un fianco, che diventa poi un muro insormontabile se un’altra macchina che viene dalla parte opposta vuole immettersi sulla strada principale e viceversa. Manovre su manovre marcia indietro “Vieni avanti, no vai tu, va bene, si grazie”. Insomma per farla breve esci la mattina o torni la sera e in quella stradina è sempre un’odissea.
Tuttavia il vero problema non sono le buche, i proprietari o le macchine posteggiate, come al solito dopo un po' a queste situazioni noi che abitiamo lì ormai non ci facciamo più caso, ma il vero grattacapo sono i gatti.
Nemmeno tutti i gatti, solo un tipo in particolare, i gatti neri.
Ma andiamo per ordine, io una colonia così non l’avevo mai vista, forse solo a Trastevere molti anni fa e come si sa, Roma è sempre stata famosa per i suoi gatti, non scordiamoci  che c’erano le cosiddette “gattare”dei Fori Imperiali che ne nutrivano a centinaia, dove potevi anche andare e fare un offerta e aiutare a mantenerli.
Oggi, un'altra razza di "gattara" si fa per dire, è arrivata in periferia e soprattutto nella mia via e sono sicura che è ignara del problema che sta causando.  Non c'è nulla di male per carità, poichè sono convinta, che tutti noi ormai abbiamo superato la soglia dell'ignoranza ottusa sugli animali, come creature inferiori e quindi l'essere umano li rispetta, consapevole di trattare comunque con esseri viventi e forse non solo.
Purtroppo però per qualcuno non è ancora così, poichè non ha fatto i conti con la propria superstizione.
Infatti tempo fa una nuova generazione di gatti neri ha monopolizzato i muretti e i balconi della stradina.
Belli e aggraziati, con gli occhi gialli e quel nero lucido al sole, quanto espressivi e coinvolgenti nella tenebrosa oscurità della notte.
Ebbene, se prima si passava a singhiozzo, adesso ci sono dei veri e propri blocchi di ore. (si fa per dire)
Se uno di loro sfortunatamente attraversa la stradina, proprio durante il passaggio del credulone di turno, quello che ti tocca vedere ha dell'incredibile. La frenata è brusca e tu che stai dietro ti domandi, non senza aver per prima cosa esclamato qualcosa di pesante, cosa sta accadendo. Poi capisci, sospiri e se lui ha accostato passi prima, ma se lui nella sua automobilina non ne ha la possibilità, ti fa cenno e tu devi fare marcia indietro per ritornare da dove sei partito.
Inutile dire che se capita più di un credulone, lì è proprio finita.

Per farla breve, uno di quei superstiziosi vigliacchi incalliti, proprio l'ultimo giorno dell'anno ha messo nella mia cassetta delle lettere numero tredici, che purtroppo sta in fondo alla strada all'esterno dell'androne condominiale, un candelotto di dinamite.
Eh si doveva per forza essere dinamite, visto che è rimasto solo il buco nel muro.

Dovrò avvisare l'amministratore, di cambiare il mio numero in:  "Sono jellata NON perchè ho il numero tredici, ma perchè qualcuno ci crede"


foto: Taki, il mio gatto (ciao Taki ovunque tu sia mi manchi)